Impugnazione del licenziamento tramite PEC: la risposta della Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito un precedente significativo in materia di impugnazione dei licenziamenti, riconoscendo l'impugnazione via PEC anche con un file Word privo di firma digitale.
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Il caso

La Corte di Cassazione ha creato un precedente importante per l’impugnazione dei licenziamenti, riconoscendo la validità di una PEC contenente un file Word non firmato digitalmente.

La decisione deriva da una controversia lavorativa in cui un dipendente ha impugnato il licenziamento disciplinare ricevuto. L’avvocato di un dipendente aveva contestato un licenziamento nei sessanta giorni dal suo ricevimento così come previsto dalla legge. Lo aveva fatto inoltrando alla società una PEC cui era allegato un file “word” con la cosiddetta “impugnazione stragiudiziale” del licenziamento. 

Peccato però che il file informatico era privo sia della firma del legale che del lavoratore stesso. Il datore di lavoro aveva contestato la validità legale della comunicazione, sostenendo che l’assenza di firme invalidasse il documento. Tuttavia, con l’ordinanza n. 18529 la Corte di Cassazione ha ribaltato tale posizione, ritenendo valida la PEC sostanzialmente vuota ma con un file word allegato, anche se quest’ultimo non è firmato digitalmente.

La PEC, al pari della raccomandata, attesta la data e l’ora di invio e ricezione della comunicazione. Inoltre, documenta la presenza degli allegati e i loro nomi. Tuttavia, non garantisce il contenuto degli allegati stessi. Per questo motivo, spesso, chi è più attento e prudente preferisce riportare il testo del documento elettronico “semplice” – privo di firma digitale – direttamente nel corpo dell’email, effettuando un semplice “copia e incolla”.

La risposta della Cassazione

Secondo la Corte, l’art. 6 della Legge 604/66 prevede che l’impugnazione per iscritto del licenziamento può avvenire “con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore”. La sentenza sottolinea che la forma scritta è essenziale per assicurare la chiarezza della volontà del mittente. Pertanto, un file Word allegato a una PEC, anche senza firma digitale, è considerato un mezzo valido per impugnare il licenziamento, in quanto l’atto di invio tramite PEC e la sua ricezione conferiscono certezza legale.

La pronuncia si inserisce in un contesto in cui la Corte d’Appello aveva inizialmente rigettato il ricorso del lavoratore, dichiarando non valida l’impugnazione tramite file Word privo di firme. Tuttavia, la Cassazione ha accolto il ricorso, rilevando che l’impugnazione del licenziamento può essere proposta con qualsiasi atto scritto che trasmetta chiaramente la volontà del lavoratore. Questo principio è stato applicato anche nel caso specifico, dove non è stato contestato che l’avvocato avesse i poteri necessari per rappresentare il lavoratore.

La decisione della Cassazione evidenzia inoltre che non è necessario inviare una copia informatica di un documento analogico ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. 82/2005, ribadendo che l’importante è la trasmissione al destinatario del documento scritto, anche in forma digitale non firmata.

Questa ordinanza rappresenta un passo avanti nella semplificazione delle procedure legali, riducendo le incertezze legate alla validità dei documenti elettronici e promuovendo l’uso della PEC come strumento sicuro e certificato per le comunicazioni ufficiali. La sentenza avrà implicazioni rilevanti per le future controversie lavorative, offrendo una maggiore flessibilità nei mezzi utilizzabili per l’impugnazione dei licenziamenti.

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